Il mazzo ridotto

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Da Bologna non ci è pervenuto alcun mazzo di tarocchi completo, né alcuna descrizione del mazzo o del gioco anteriori al XVII secolo. A quell'epoca, il gioco era praticato con un mazzo ridotto di sessantadue carte, con l'eliminazione delle carte numerali dal 2 al 5 di ciascun seme; come abbiamo già osservato, il nome Tarocchino veniva usato per indicare l'impiego di questo mazzo ridotto. Questo nome fu in uso fino al XIX secolo, ma oggi non lo è più. A giudicare da casi simili in Sicilia e in Germania, è molto probabile che il nome fosse originariamente adottato per distinguere due forme diverse del gioco praticate alla stessa epoca, la forma nuova con il mazzo ridotto e la forma vecchia con il mazzo completo di settantotto carte; supporre che tutti i giocatori abbandonassero il mazzo completo subito dopo l'introduzione di giochi con il mazzo ridotto non è verosimile. Anche se ancora esistenti nel 1588, la vecchia forma e il mazzo completo erano stati completamente dimenticati alla metà del XVII secolo, benché persistesse il nome di 'Tarocchino'. Sfortunatamente, non abbiamo indicazioni precise sul momento in cui il mazzo venne ridotto. La riduzione è sintomo della generale tendenza nei giochi di Tarocchi ad aumentare il rapporto fra trionfi e carte dei quattro semi. Deve aver avuto luogo durante il Cinquecento, forse nei primi anni del secolo, quando in Italia, Spagna e Francia si diffuse la voga di giochi con il mazzo normale ridotto in modi diversi; un esempio è il gioco veneziano della Trappola, giocato con trentasei carte, con l'omissione delle carte numerali dal 3 al 6 di ciascun seme. I giocatori bolognesi hanno continuato fino ad oggi ad osservare la regola che diversifica l'ordine delle carte numerali nelle due coppie di semi. A Spade e Bastoni, pertanto, le carte sono così ordinate: Re (la più alta), Regina, Cavallo, Fante, 10, 9, 8, 7, 6, Asso (la più bassa), mentre a Coppe e Denari l'ordine è: Re (la più alta), Regina, Cavallo, Fante, Asso, 6, 7, 8 , 9, 10 (la più bassa). La più antica prova diretta dell'ordine dei trionfi rispettato a Bologna risale al 1664 circa; dopo quella data è rimasto invariato. Non c'è ragione di ritenere che non dovesse essere stato quello fin dall'introduzione del gioco, tranne per un aspetto. Una caratteristica dell'ordine dei trionfi è quasi esclusivamente bolognese. Le quattro carte di rango immediatamente superiore al Bagatto o Bagattino - e cioè il Papa, la Papessa, l'Imperatore, l'Imperatrice - erano collettivamente note a Bologna come 'Papi'.

Fu consuetudine fra i giocatori bolognesi attribuire a queste quattro carte lo stesso valore: ciascuna poteva battere il Bagattino ed era battuta da qualsiasi altro trionfo, e, se due o più Papi erano giocati nella stessa presa, quello giocato per ultimo batteva gli altri. E' certo che si tratta di una consuetudine molto antica; sarà stata introdotta verso l'inizio del XVI secolo, prima della riduzione del mazzo a sessantadue carte. E' tuttavia improbabile che si tratti della pratica originaria. Se il gioco dei Tarocchi fu introdotto a Bologna da un'altra città, allora in un primo tempo sarà stato giocato come altrove, con una ben precisa gerarchizzazione fra i Papi. Se invece fu inventato a Bologna, allora l'uguaglianza di rango fra i Papi deve essere stata adottata come regola solo dopo il diffondersi del gioco in altre parti d'Italia.

A parte ciò, l'ordine bolognese dei trionfi è di tipo A, con l'Angelo come carta più alta e le tre virtù raggruppate insieme. Esso è il seguente:

il Mondo

il Sole

la Luna

la Stella

la Saetta [la Torre]

il Diavolo

la Morte

il Traditore [l'Impiccato]

il Vecchio [l'Eremita]

la Roda [la Ruota]

la Forza [la Fortezza]

la Giusta [la Giustizia]

la Tempra [la Temperanza]

il Carro

l'Amore

i quattro Papi

il Bagattino o il Bégato [il Bagatto].

I nomi sono quelli bolognesi, con i loro equivalenti fra parentesi quadre quando è necessario. <Il Bégato> (con l'accento acuto sulla prima sillaba) è il nome attuale per il trionfo più basso; <il Bagattino> fu usato fino al XIX secolo.

Quando, verso la fine del XVIII secolo, i fabbricanti di carte bolognesi si adeguarono finalmente alla pratica di numerare i trionfi, già da tempo adottata altrove, numeri arabi dal 5 al 16 vennero aggiunti ai trionfi dall'Amore alla Stella, mentre i quattro trionfi più alti e i cinque più bassi vennero lasciati senza numero; i trionfi numerati sono oggi conosciuti per numero piuttosto che per nome. Il modo della numerazione è degno di nota. Se la si continuasse verso l'alto, il trionfo più alto, l'Angelo, avrebbe il numero 20, non 21; ci sono cinque trionfi, non quattro, dopo il 5, quindi se la numerazione continuasse verso il basso, l'ultimo trionfo, il Bagattino, rimarrebbe senza numero. Questa particolarità si ritrova in altri ordini di tipo A, sebbene non in tutti; mentre non si verifica mai in ordini di tipo B o C. Il suo scopo potrebbe essere stato quello di garantire che la Morte ricevesse il numero 13, come sempre avviene negli ordini di tipo B e C, poiché, in questi due casi, una delle virtù la supera di rango.

Una numerazione che presenta questa caratteristica è quella che si trova nell'unico gruppo di carte dipinte a mano in cui i trionfi siano numerati, i cosiddetti tarocchi 'Carlo VI'. Si ricorderà che in essi i numeri romani minuscoli non sono probabilmente un tratto originale delle carte, ma sembrano tracciati da una mano quattrocentesca. Essi sono elencati da Robert Steele nel suo articolo del 1900; sembra che le sommità delle carte siano state ulteriormente limate dopo quella data e quindi non tutti i numeri sono oggi chiaramente leggibili, anche se, per quanto se ne può discernere, essi confermano la lettura di Steele. L'unica sua lettura che deve essere errata è quella del Papa come ii. Sfortunatamente, si tratta di una delle carte di cui non si decifra più il numero, ma in tutti gli altri casi la <finale è scritta>. Steele indica il numero dell'Imperatore come iij, e questa carta deve essere di rango inferiore al Papa, sebbene anche qui il numero non sia più visibile.

Se, pertanto, correggiamo il numero del Papa in iij, ma accettiamo tutte le altre letture di Steele, otteniamo la seguente sequenza:

XX l'Angelo

XViiij il Mondo

XViij il Sole

XVij la Luna

XV la Torre

XViij la Morte

Xij l'Impiccato

Xj l'Eremita

Viiij il Carro

Viij la Giustizia

Vij la Fortezza

Vj la Temperanza

V l'Amore

iiij il Papa

iij l'Imperatore

E' evidente che si tratta di un ordine di tipo A. Sulla Giustizia si può ancora leggere chiaramente il numero Viij, quindi non è un ordine di tipo B, e sulla Temperanza il numero Vj, quindi non è un ordine di tipo C: anzi, il numero Vij è ugualmente chiaro sulla Fortezza, quindi le tre virtù sono consecutive - una indicazione decisiva di un ordine di tipo A. Il numero XViiij è ancora chiaramente leggibile sul Mondo, quindi l'Angelo doveva essere la carta più alta. Pertanto la numerazione può solo essere arrivata a XX; il Bagatto, che non ci è pervenuto, doveva essere privo di numero.

L'ordine differisce da quello bolognese in quanto le Virtù sono di rango più basso del Carro e la Giustizia è superiore alla Fortezza. Nondimeno, questi numeri non possono essere stati collocati sulle carte da un giocatore ferrarese, ma solo da uno che viveva in un'area in cui l'ordine osservato per i trionfi non era altro che una variante di quello bolognese. E' improbabile che fosse nativo di Bologna, non solo a causa della differenza secondaria nell'ordine dei trionfi, ma perché la numerazione dei trionfi non era consuetudine bolognese; come vredremo, è più probabile che vivesse a Firenze. Comunque, anche se i tarocchi 'Carlo VI' furono sicuramente dipinti da un artista ferrarese, devono essere stati dipinti per - o essere ben presto entrati in possesso di - un membro dell'aristocrazia di una regione che seguiva la tradizione bolognese dei tarocchi, piuttosto che quella ferrarese.