Dener, capp, sped, bastan

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Le carte del 'Tarocchino bolognese' si giocano solo a Bologna e nei dintorni, sono quindi ovvie le ragioni per cui i nomi, le locuzioni i modi di dire e i gerghi che ne derivano, costituiscono un piccolo ma gustoso comparto del dialetto bolognese.
Lasciamo in disparte le 'regole del gioco', già riunite in un eccelente manuale ad opera di Gianfranco Laghi (1983), e facciamo una passeggiata dialettale sulla conoscenza delle carte, sulla terminologia del gioco e dei suoi effetti.
Chiunque voglia avvicinarsi al gioco dovrà abituarsi al linguaggio che lo distingue se si propone di capirne in fretta tutti i risvolti e, per cominciare, imparerà ad identificare le carte.

I semi sono gli stessi presenti in molti altri tipi di carte:

dener, capp, sped, bastan; per ciascun seme ai è al Ra, la Regéina, al Caval, al Fant, l'As e i scarten. E qui cominciano le distinzioni: bisogna distinguere el i Asa (gli assi) e i scarten bon (buoni) dagli assi e le scartine mati (matte). Inizialmente si incontra qualche difficoltà a riconoscere subito la carta del Re di spade e del Re di bastoni perché, a differenza di quelli di denari e di coppe, le cui figure sono imponenti, barbute e severe, i Re di spade e di bastoni sembrano delle donzellette ed è facile scambiarli con la Regina o col Fante. Si può allora spiegare al neofita che quei due sono i Ra dal col stort (i Re con il collo storto).

Proseguiamo con la seconda parte del mazzo, i Tarocchi che danno il nome al gioco. In realtà, le carte abitualmente definite tarionf (trionfi) o nòmer (numeri) sono tutti Tarocchi, ma nel linguaggio dei giocatori i taruc sono solo quattro: Anzel, Mand, Béghet e Mat (Angelo, Mondo, Begatto e Matto). I quattro Tarocchi e i quattro Re costituiscono la batteria del chert da zenqv, le carte dominanti, dette perché il loro valore, isolato dalle combinazioni è di cinque punti. I trionfi, o numeri, o tarocchi che dir si voglia, sono definiti con il loro nome soltanto nel caso dell'Angelo, del Mondo, del Sole, della Luna, del Begatto, del Matto e dei quattro Moretti (i Murett), in tutti gli altri casi sono definiti con il sengo numerale che portano: sads, quends, quatords, tragg', ecc. (sedici, quindici, quattordici, tredici, ...)

Al Sàul e la Lòuna sono dette anche el ràssi (le rosse), dal colore attribuito ai due astri nelle illustrazioni. E a proposito di illustrazioni, se si guarda attentamente la carta del Begatto si capisce perché qualcuno lo definisce al cug di bastarden (il cuoco dei bastardini), così pure per gli angeli, che possono diventare tre: l'Angelo vero e proprio, ossia la carta sempre vincente, che in realtà rappresenta il Giudizio Universale; l'Anzlaz (l'Angelaccio), ossia il trionfo con il numero undici, che nei tarocchi rappresenta l'Eremita o il Vecchio, l'Anzlen (l'angioletto), il numero cinque che rappresenta l'Amore o Cupido. Se si dispone di tre dei quattro Tarocchi già citati, ma fra i quali manca l'Angelo, si usa dire che sono i Taruc mat (i Tarocchi matti).

Qualcuno, quando dichiara l'accuso e dispone dei due contatori (i cuntadur), Begatto e Matto, carte decisive ai fini del conteggio dei punti, ama alterare il vocabolo dicendo ch'l'ha i du cuntaden.