Il falò di San Bernardino

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CAPITOLO IX° - I TAROCCHI A BOLOGNA

Il più antico riferimento accertato a carte da tarocchi a Bologna risale al 1459, quando un mazzo di tarocchi risulta fra gli oggetti rubati a un mercante in una rapina. Questa data, di diciassette anni posteriore al primo accenno ai tarocchi a Ferrara, è coerente con l'ipotesi che il gioco si sia diffuso da Ferrara a Bologna nel 1435, o poco dopo. Esistono, tuttavia, due indicazioni estremamente problematiche di una sua presenza molto più antica a Bologna.

Nel 1423 San Bernardino da Siena predicò a Bologna un sermone di Quaresima contro i giochi: dopo il sermone, la gente portò oggetti da gioco - dadi, tabelle da tavola reale, carte - in piazza davanti alla chiesa di San Patronio e ne fece un falò. L'Acta Sanctorum Bollandista contiene tre vite di San Bernardino2. Di queste, la prima è quella scritta per ultima, essendo stata composta qualche tempo dopo la traslazione del corpo di San Bernardino (nel 1472), della quale dà notizia.

Fra gli oggetti destinati al falò, vengono elencati triumphales charticellae, cioè carte da tarocchi3. Tuttavia, la più antica delle tre vite, scritta, secondo il curatore4 nel 1445, menziona solo <naibes> (carte da gioco normali) insieme ai dadi e alle tabelle da tavola reale. Inoltre, nel sermone San Bernardino parla diffusamente del gioco delle carte, ma non fa alcun cenno ai triumphi5. E' vero che egli menziona sia reges atque reginae (Re e Regine) che milites superiores et inferiores (soldati superiori e inferiori) in relazione alle carte da gioco, dimostrando di conoscere mazzi con quattro figure per seme, ma non ne consegue affatto che si trattasse di mazzi da tarocchi. Una prova ancora più dubbia è il ritratto al palazzo Fibbia del principe Francesco Antelminelli Castracani Fibbia (1360-1419)6. Il primo accenno in fonti a stampa a questo ritratto è del conte Leopoldo Cicognara nel 1831; la sua esistenza è stata messa in dubbio, senza alcuna giustificazione, da Robert Steele e da Gertrude Moakley7. Il ritratto fa parte di una serie che si trova nella grande sala del palazzo, ora divisa in uffici per l'Associazione Artigiani, e che rappresenta membri della famiglia Fibbia; a giudicare dallo stile, deve risalire alla seconda metà del XVII secolo. Mostra il principe in piedi accanto a un tavolo, con un mazzo di tarocchi bolognesi nella mano destra; parecchie carte scoperte sono cadute o stanno cadendo sul pavimento.

La leggenda principale dice:

Francesco Antelminelli Castracani Fibbia, principe di Pisa, Monte Giori, e Pietra Santa, e signore di Fusechio, filio di Giovanni, nato di Castruccio duca di Lucca, Pistoia, Pisa. Fugito in Bologna datosi a' Bentivoglj, fu fatto generalissimo delle arme bolognese, et il primo di questa famiglia che fu detto in Bologna dalle Fibbie, ebbe per moglie Francesca, filia di Giovanni Bentivoglj.

Sotto di essa è scritto in lettere più piccole:

Inventore del gioco del tarocchino di Bologna. Dalli XVI Riformatori della città ebbe per privilegio di porre l'arma Fibbia nella regina di Bastoni e quella della di lui moglie nella regina di denari. Nato l'anno 1360 morto l'anno 1419.

Sembra che questa parte della leggenda sia stata sovrapposta a una più breve in lettere della stessa dimensione della principale, forse consistente solo nelle due date; ma pare improbabile che le carte da gioco che compaiono nel ritratto siano un'aggiunta posteriore. E' innegabilmente vero che alcuni mazzi di tarocchi bolognesi del XVIII secolo recano lo stemma dei Fibbia sulla Regina di Bastoni e quello dei Bentivoglio sulla Regina di Denari 8, anche se tale pratica non fu mai generalizzata.

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Foto di Piero Casadei

Come dobbiamo interpretare questo ritratto e la sua leggenda?

La leggenda non avanza la pretesa che il principe Fibbia fosse l'inventore del gioco dei Tarocchi in generale, ma solo della particolare forma praticata a Bologna e nota in precedenza come 'Tarocchino' perché giocata con un mazzo ridotto. La pretesa più modesta è la meno plausibile. Perché una variante del gioco originale potesse essere inventata da qualcuno morto nel 1419, il mazzo dei tarocchi stesso avrebbe dovuto essere stato inventato non più tardi della prima decade del XV secolo, cioè a soli trent'anni circa dall'introduzione delle carte da gioco in Europa; e ciò è difficile da credere.

Se il principe Fibbia ha avuto qualcosa a che fare con il gioco dei Tarocchi, è di gran lunga più probabile che fosse l'inventore, non della variante bolognese del gioco, ma del gioco stesso, la cui origine dovrebbe in tal caso essere anticipata a prima del 1420. Nel XVII secolo, i giocatori bolognesi erano già da tempo abituati ai soli giochi di Tarocchi della varietà caratteristica di Bologna, tutti praticati con il mazzo ridotto di sessantadue carte; l'unica eccezione era la forma davvero deviante di derivazione fiorentina e conosciuta come Germini o Minchiate (mai come Tarocchi), che si giocava con un mazzo del tutto particolare. E' ben possibile che nella mente di chi compose la leggenda sul ritratto non fosse chiara la distinzione fra l'invenzione dei Tarocchi e l'invenzione del Tarocchino; costui potrebbe aver pensato che non esistessero altre forme del gioco e persino che esso fosse ignoto al di fuori di Bologna e dintorni. Se è così, il principe Fibbia potrebbe davvero essere il primo inventore del mazzo dei tarocchi e del gioco con esso praticato.

Per dimostrare tutto questo, una testimonianza così tarda, di tre secoli e mezzo successiva al fatto, non ha gran peso. La più semplice spiegazione dell'esistenza della leggenda che il principe Francesco Fibbia abbia inventato il gioco è che essa sia basata su fatti; ma sono possibili altre spiegazioni ugualmente convincenti. La storia può essere nata come ipotesi per spiegare la presenza sulle carte degli stemmi dei Fibbia e dei Bentivoglio; qualche ricercatore intraprendente può aver passato in rassegna i registri alla ricerca di un membro di una delle due famiglie sposato con un membro dell'altra. Dopo tutto, la storia di questi stemmi, fornitaci dalla leggenda sul ritratto, non è molto plausibile; un fabbricante di carte non avrebbe avuto alcun bisogno di autorizzazione per mettere uno stemma su una carta. Allo stesso modo, l'autore della vita di San Bernardino (posteriore al 1472) potrebbe aver dato per scontato che i tarocchi, ben noti quando egli scriveva, esistessero già nel 1423 e che dovessero essere inclusi nel falò. Non siamo pertanto in grado di decidere con sicurezza fra le due ipotesi: se i tarocchi siano stati inventati a Bologna nella seconda decade del XV secolo e si siano diffusi in seguito, prima a Ferrara e poi a Milano; oppure se siano stati inventati a Milano o a Ferrara nel decennio 1420-30 e si siano diffusi da Ferrara a Bologna nel decennio 1430-40. Possiamo solo dire che, sulla base delle carte pervenuteci, incluse quelle dipinte a mano, le carte da tarocchi bolognesi presentano maggiore affinità con il disegno ferrarese che con quello milanese. Nonostante l'incertezza sulla loro origine, la storia dei tarocchi a Bologna può essere ripercorsa senza difficoltà dalla fine del XV secolo ai giorni nostri.