Angelo Caparrini

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Il professor Lorenzo Cuppi, storico dell'Accademia del Tarocchino Bolognese

Ho conosciuto Angelo (al secolo Arcangelo) Caparrini grazie al nostro comune amore per il tarocchino. Era nato nel 1926 in Borgo San Pietro del quale custodiva il bel dialetto. Una volta, nel dicembre del 2001, tenemmo insieme una conferenza su storia, dialetto e utilità del tarocchino nella prevenzione della demenza senile. Uno dei presenti sentendo la sua parlata gli chiese dove fosse nato. “Mé a sån nèd int al Båurg d San Pîr” fu la pronta risposta.

Angelo andrebbe certo ricordato per i suoi meriti di sindacalista, di consigliere comunale e di assessore. Nel 1955, per la sua attività sindacale, fu arrestato e trascorse alcuni giorni nel carcere di San Giovanni in Monte. Nei primi anni ‘60, da assessore, si batté per la pedonalizzazione di via D’Azeglio. A me però, con consueti realismo e modestia, aveva raccontato che finché c’era stata l’opportunità politica, ai tempi di Dozza, si era occupato soprattutto del personale.

Ma a noi piace ricordarlo per la sua passione per la cultura popolare bolognese. Autore dialettale (poesie, testi di prosa, la commedia “Al tstamänt dla Carlòta”), aveva raccolto per l’Accademia, lessico e frasario bolognesi del tarocchino. Amava l’osteria con la sua cultura e son contento di avere una nostra foto di una serata a Medicina (5/12/2000) passata fra tarocchi e bicchier di vino. Era già un po’ in là con gli anni mo ai arluṣêva int i ûc’ l entuṣièṣum d un ragazèl.

La prima volta ci eravamo incontrati a inizio giugno 2000: mi aveva accolto a casa sua, in via Fratelli Rosselli, per un’intervista sulla Mattazza, di cui mi chiarì i meccanismi e i termini a lui noti. Era entusiasta delle attività svolte da “quei bravi ragazzi dell’Accademia”. Rispose a tante mie domande sul tarocchino giocato e in particolare ricordo la dettagliata descrizione del chiamarsi fuori a Ottocento, una pratica fino allora non descritta e da me mai osservata, visto il prevalere già allora ai tavoli delle Quattro scartate. Angelo era un testimone molto preciso del gioco e del suo regolamento. Come molti altri giocatori intelligenti che ho conosciuto, riteneva che il gioco avesse una sua logica raffinata di cui le regole non erano che un’espressione. Aveva iniziato a giocare negli anni ‘30 e aveva perciò conosciuto giocatori di metà Ottocento, ma non ricordava di aver mai visto giocare ai tarocchi con modalità diverse (come con segnali e conteggi complessi derivati dalla Partita a tutt’andare).