Autobiografia tarocchesca
Lorenzo Cuppi comincia ad interessarsi ai giochi di carte e in particolare al tarocchino bolognese sin da piccolo: in casa c’erano un vecchio mazzo (Bari: Raffaele Pignalosa fu Luigi, giugno 1947) del bisnonno e il mazzo (Roma: Armanino, aprile 1962) con didascalie da divinazione della mamma. Purtroppo il babbo, suo grande iniziatore ai giochi di carte in particolare bolognesi (tressette, terziglio, massino, sbarazzino), non aveva mai imparato il gioco, praticato però in casa cogli amici da nonno e bisnonno negli anni ‘30 e ‘40[1].
L’ignoranza del difficile gioco da praticarsi con il mazzo dei tarocchi rimase perciò un tarlo per il piccolo Lorenzo che trovò un primo aiuto nel bel sussidio curato da Giampaolo Dossena, Giochi di carte italiane (Milano: A. Mondadori, 1984). Fu, questo, dono della nonna Sofia, così come il primo tarocco della Modiano, acquistato nella tabaccheria sotto casa. Dossena dedicava un capitoletto all’Ottocento, lasciando però il lettore incerto sull’accuratezza delle sue informazioni. Accennava altresì alla maggiore complicazione del tarocchino settecentesco, aprendo così nuove insospettate curiosità, e per approfondimenti forniva l’indicazione bibliografica del libro, appena pubblicato, di Gianfranco Laghi. Lorenzo allora, quasi come pena sostitutiva per la di lui ignoranza, scatenò il babbo alla ricerca del volume che però, fornito come strenna natalizia 1983 ai soci della Banca popolare di Bologna e Ferrara, era già oramai introvabile. Sempre sulla scorta del Dossena, sperava nell’uscita di un volume a cura di “Franco (sic!) Guccini e Giulio Predieri” che però mai apparve in libreria. Di fronte all’impossibilità di proseguire la ricerca, egli dové per il momento sospendere i suoi approfondimenti.
Durante un remoto momento d’infanzia accadde una volta, di passaggio in un bar di Monzuno per comprare panini diretti alla casa familiare di Vado, che il babbo notò dei giocatori di carte lunghe al tavolino. Purtroppo comunicò la cosa a Lorenzo solo dopo l’uscita dal bar. Ma da allora questi non mancò di dar sempre un’occhiata alle carte usate dai giocatori in qualunque bar, centro sociale o centro anziani capitasse. Senza mai risultati, però; ché pareva il gioco fosse sempre meno praticato, forse già estinto.
Finalmente, già dopo il conseguimento della prima laurea, girovagando con l’amorosa dell’epoca, come a lei piaceva, per la sezione giochi di un ipermercato, doveva essere quello di Casalecchio, Lorenzo trovò un cestello pieno di mazzi di tarocco bolognese Dal Negro con allegato, udite udite, un breve regolamento da cui emergevano anche altri giochi praticati oltre a Ottocento
Un mazzo fu comprato seduta stante e il nostro, ormai dotato di strumenti di ricerca bibliografica, decise che sarebbe riuscito a rintracciare il Laghi almeno in biblioteca. Gli archivi online lo diressero verso l’Archiginnasio dove subito emersero numerosi altri testi comprese le pubblicazioni settecentesche del Pisarri e del Bisteghi. Quella che pareva all’inizio una breve ricerca si tramutò così presto in un vero e proprio campo di studi con numerose finestre sulla storia locale moderna, la storia dell’arte, il dialetto bolognese antico che si spalancavano ponendo più quesiti da risolvere che soluzioni.
Un gentile bibliotecario dell’Archiginnasio, Roberto Lanzarini, vedendo il suo ardore per il tarocchino si permise un giorno di segnalare a Lorenzo che il collega Uberto Testoni, in servizio presso la Biblioteca Ruffilli di vicolo Bolognetti, era legato ad un’associazione del tarocchino bolognese, in cerca di sede sociale, e temporaneamente adunantesi il mercoledì in via Musolesi alla Trattoria da Vito
Dunque, un mercoledì del tardo 1999, Lorenzo fece il suo ingresso alla Trattoria da Vito, si presentò, raccontò le sue ricerche e fra gli altri fece la conoscenza di Giulio Predieri, che subito lo inquadrò come “storico del tarocchino e dell’Accademia”Quel giorno Lorenzo poté giocare le sue prime Quattro scartateGiulio non fece mai mancare il suo supporto morale e logistico al nostro mettendolo in contatto prima con Girolamo Zorli (autore di Il tarocchino bolognese, A. Forni: 1992) e poi addirittura con Sir Michael Dummett, il massimo esperto di storia dei tarocchi, di cui il fanciullo Lorenzo non aveva sperato nemmeno di leggere un giorno i libri, figurarsi incontrarlo. Fu però lo Zorli, con il suo scetticismo sulla reale esistenza del “manoscritto molto antico” utilizzato dal Pisarri, che spinsero Lorenzo alla ricerca e infine alla scoperta di una copia del manoscritto, realizzata verso il 1746 dal priore servita Vincenzo Maria Pedini, nel fondo Gozzadini dell’Archiginnasio. La scoperta si rivelò sensazionale e Dummett, dopo essere venuto di persona ad esaminare trascrizione e originale, lo incaricò di scrivere un articolo a riguardo per la notissima rivista International Playing Card. Le ricerche per l’Accademia e in collaborazione con Dummett proseguirono portando alla luce ulteriori fonti manoscritte e tradizioni di gioco non descritte su cui ancora rimane studio da svolgere.
Lorenzo, nonostante tanti anni errabondi all’estero, è rimasto in contatto con l’Accademia, che ancora frequenta con entusiasmo, e con la sua Bologna dove è voluto tornare. Per conto dell’Accademia ha rivisto le regole aggiornate pubblicate dalla Dal Negro.
Ha lasciato ad ogni amorosa la conoscenza del gioco e un mazzo di tarocchini. Particolarmente rimpianto è quello Modiano dono della nonna.
E’ riuscito finalmente a procurarsi una copia originale del Laghi, a ragionevole cifra su ebay, nel marzo 2019. E a novembre, nel decimo anniversario della morte del marito, ha fatto conoscenza della sig.ra Pinuccia Ferrari Dossena e dei due figli.
[1] Il bisnonno Eutimio era nato a Luminasio, in comune di Marzabotto, il 9 aprile 1874. Dal 1908 al 1916 lavorò come archivista a Roma dove nacquero tre dei suoi quattro figli. Rientrato a Bologna per nostalgia, abitò negli anni ‘30 in via D’Azeglio 17 e poi, dopo la II guerra mondiale, in via S. Giuseppe 2. I ricordi di mio padre su tarocchi e mandolino risalgono a questi due periodi. Il primo periodo si basa soprattutto sui mesi del 1938/1939, quando i nonni tornarono per qualche tempo a vivere in casa Cuppi (fino a San Michele, l’8 maggio). Il bisnonno giocava abitualmente a Ottocento o a Scopone con il sig. Bastoni, il nonno Gregorio e il nipote acquisito Filiberto Landi. Ai tempi di via San Giuseppe si univa talvolta alla compagnia il collega di Gregorio, Pippo Cacciari, laureato in Economia e commercio, che dava qualche ripetizione di latino a mio padre. Se smettevano di giocare prendevano fuori gli strumenti e suonavano, Bastoni al mandolino e il nonno alla chitarra. Talvolta si univa loro anche la zia Ginevra al pianoforte che si trovava nella stanza in cui si giocava sia in via D’Azeglio che in via S. Giuseppe. Il sodalizio purtroppo non durò ancora a lungo. Il nonno Gregorio morì prematuramente a inizio 1952, e il bisnonno Eutimio già nel 1953, perse la memoria per via di un ictus. La bisnonna Maria (Luminasio, 3/10/1880), dopo il matrimonio di Ginevra (19/6/1955) e la morte di Eutimio (giugno 1963), chiuse casa e si trasferì dalla figlia a Palermo dove poi morì (8/8/1974). Il mazzo in mio possesso dovrebbe essere rimasto nella credenza di casa Cuppi che seguì la nonna Tina e il babbo prima in via Arienti e poi, dall’agosto del 1969, in via dei Coltelli. Il mazzo arrivò poi in via Dagnini, insieme con altri giochi del babbo, dopo il matrimonio.