Bisteghi e Pisarri

logo-sidebar

Dal secondo quarto del XVIII secolo ci è pervenuto un certo numero di mazzi di tarocchi bolognesi, cotraddistinti da due caratteristiche: contengono Mori invece dei Papi e sono a una testa. La maggior parte reca gli stemmi dei Fibbia e dei Bentivoglio sulle due Regine, ma alcuni, per esempio uno nella collezione di Sylvia Mann, hanno stemmi diversi. Esiste comunque una differenza fra quelli risalenti all'inizio di questo periodo e quelli più tardi. I più antichi continuano ad avere Fantesche nei semi di Coppe e Denari; ma nei più recenti ci sono Fanti in tutti e quattro i semi. Questo cambiamento è databile al decennio 1740-50, e riguardò i mazzi di Primiera oltre a quelli di tarocchi. Si era già consolidato all'epoca in cui comparvero i primi resoconti a stampa del gioco del Tarocchino, i primi anni del decennio 1750-60.

Il più antico di tali resoconti è opera di R. Bisteghi; si trova in un libro sui giochi di carte intitolato Il Giuoco Pratico, di cui furono stampate molte edizioni e la cui prima edizione fu pubblicata anonima a Bologna nel 1753. Nel 1754 esso fu seguito da un resoconto monografico molto più dettagliato ad opera di Carlo Pisarri, pubblicato anch'esso anonimo, intitolato Istruzioni necessarie per chi si volesse imparare il dilettevole giuoco dei Tarocchini. Entrambi gli autori chiamano 'Fanti' le figure più basse in tutti e quattro i semi. Nessuno dei due ha idea che ci siano dei numeri sui trionfi; essi danno invece per scontato che il giocatore debba impararne l'ordine a memoria.

E' sorprendente la stretta somiglianza fra il modo di giocare descritto nelle loro opere e quello ancora oggi praticato a Bologna. Allora, come ora, c'era una serie di giochi diversi che avevano tutti in comune lo stesso fondamentale, e peculiare, sistema per l'assegnazione dei punti; allora, come ora, il gioco principale prevedeva quattro giocatori in coppie fisse, come il Bridge. Pisarri asserisce di essere in possesso di un manoscritto <molto antico> riportante le regole osservate in precedenza. Per tutto il libro egli annota le differenze fra queste e le regole contemporanee, che sono molto secondarie. Non fa cenno ai Papi, ma scrive come se il manoscritto trattasse, come fa lui, di Mori; ma è improbabile che potesse far riferimento a un manoscritto che precedeva di meno di trent'anni la sua opera e pare pertanto avere semplicemente deciso di passar sotto silenzio la distinzione fra Papi e Mori, irrilevante ai fini del gioco. Se così è, si tratta di un'ulteriore prova del fatto che i Papi prima del 1725 erano trattati come trionfi di pari rango.

Come abbiamo spiegato in precedenza, nella forma originale del gioco dei Tarocchi un giocatore o partito segnava un punto per ogni presa fatta. Nei semi, le carte con valore di punteggio erano solo le figure - un Re valeva 4 punti, una Regina 3, un Cavallo 2 e un Fante 1. Nella tradizione milanese c'erano altre tre carte con valore di punteggio: il trionfo più alto (il Mondo), il trionfo più basso (il Bagatto) e il Matto, che valevano ciscuna 4 punti. Il sistema bolognese era equivalente a questo (se pur descritto in altro modo), con due differenze.

Prima di tutto, 6 punti extra venivano assegnati a chi faceva l'ultima presa; in secondo luogo, non solo il trionfo più alto, l'Angelo, ma anche quello immediatamente successivo, il Mondo, erano carte con valore di punteggio, e ciascuna valeva quanto un Re. A parte le figure, dunque, c'erano solo quattro carte con punteggio, tutte in pratica da 4 punti: l'Angelo, il Mondo, il Bagattino e il Matto: queste erano (e sono) collettivamente note come 'tarocchi'; i trionfi in generale non sono chiamati 'tarocchi', ma semplicemente 'trionfi'.

Questo sistema di punti base deve essere molto antico e risale probabilmente alle prime forme del gioco così come esso era praticato a Bologna. Ad esso se ne sovrappone un altro comune a tutte le forme di Tarocchi giocati a Bologna che, nel gioco a quattro con compagni, lo altera. Si tratta di un sistema di punteggi aggiuntivi per particolari combinazioni di carte. Queste combinazioni sono di due tipi, 'sequenze' e 'cricche', in passato note anche come 'pariglie'. Le cricche sono gruppi di tre o quattro carte di un solo tipo, ad esempio tre o quattro Regine; non è possibile formare una cricca di carte numerali, ma tre delle carte conosciute come 'tarocchi', o tutte e quattro, formano una cricca. Come indica il nome, le 'sequenze' sono sequenze di tre o più carte di un qualsiasi seme oppure di trionfi. Una sequenza deve andare dalla carta più alta, un Re o l'Angelo, in giù, ma basta che siano presenti solo due delle tre carte successive. Un gruppo di tre o quattro Assi, o di tre o quattro Mori, conta, tuttavia, come sequenza e non come cricca: questo è importante perché il punteggio per le cricche è raddoppiato se ce ne sono tre o più ('criccone') e lo stesso vale per le sequenze. Sia il Matto che il Bagattino fungono da jolly ('contatori') e, con certe limitazioni, possono riempire i vuoti in qualsiasi tipo di cricche o sequenze (ma non possono mai sostituire il Re o l'Angelo in una sequenza). Nel punteggio, le cricche e le sequenze vengono segnate due volte: una in apertura di partita, quando vengono dichiarate dal giocatore che le ha in mano; poi, nuovamente, in fine di partita, in quanto incluse nelle prese fatte da un giocatore, o, nel gioco a quattro, da una coppia di compagni. Quando tutte le carte sono state prese dall'una o dall'altra delle due coppie, questi punteggi finali sono molto più alti dei punti delle singole carte che hanno valori di punteggio e delle prese stesse. Questo sistema è probabilmente molto antico e costituisce un tratto caratteristico del gioco bolognese. Forse precede la riduzione del mazzo da settantotto a sessantadue carte; ma è improbabile che sia tanto antico quanto il sistema di punti base a cui è sovrapposto.