Il mazzo dei Tarocchi bolognesi quattrocenteschi è rimasto pressochè invariato, salvo la riduzione in Tarocchino, i Mori al posto dei Papi, la grafica a doppia testa e la numerazione dei Trionfi della scavezza dal 5 al 16. Le icone del mazzo rinascimentale sono rimaste le stesse, fin nei particolari.
Dal Quattrocento abbiamo ricevuto e serbato la dinamica del gioco di presa, la gerarchia delle carte e il loro valore di punteggio. Nel Cinquecento sono stati elaborati, con invenzioni e trasposizioni successive, il computo delle cricche e delle sequenze. Il gioco del Tarocchino si definisce, così come lo conosciamo oggi, nel XVII secolo.
1. V'era una fase d'apertura, con possibilità d'andare a monte. Nel Cinquecento erano previsti anche rilanci di poste, come nel poker d'oggi.
2. Vi erano gli importantissimi Onori, che premiavano particolari accuse, o particolari situazioni di gioco, o particolari vittorie di mano. Gli Onori sono documentati in tutta Italia fin dal Rinascimento e conobbero variazioni epocali e locali sia nelle combinazioni premiate che nei premi.
3. Sono andati totalmente perduti anche i Termini, quelli che oggi chiameremmo dichiarazioni, cioè le informazioni scambiate tra compagni al gesto e alla voce. Assenti fino a metà Seicento, hanno conosciuto una notevole espansione dal primo Settecento alla fine dell'Ottocento, quando le caerte scendevano nell'intrecciarsi dei richiami. I Termini consentivano la comprensione precoce della distribuzione esaltando le capacità speculative dei giocatori.
4. La mano veniva vinta o persa, e solo i vincitori computavano il punteggio ottenuto, mentre quello totalizzato dai perdenti non veniva contato. Il computo dei punteggi di entrambi i partiti è iniziato recentemente, probabilmente all'inizio del XX secolo. Questa nuova moda è stata trasposta al Tarocchino da altri giochi, quali il Tressette.
5. I punti erano segnati con fiches o gettoni, dette grane e Oche, in un Piatto segnapunti.
6. Con la settecentesca partita a